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Tre parroci della Val d'Ossola hanno deciso di usare solo la liturgia tradizionale
di  Eugenio Di Maio

Fonte: Tribuna Novarese
(ripreso da Una Vox del 29-10-2007
)

       Pubblichiamo, accompagnanfolo con qualche doverosa chiosa, l'articolo presentato da Una Vox il 29-10-2007

Grassetti, colori, parentesi quadre, sottolineature
e quanto scritto nello spazio giallo sono della Redazione

       NOVARA - Gli occhi di Roma sono puntati su Novara, questo è un dato certo anche se poco percepibile e non confermato da alcuno, ma quello che succederà nei prossimi mesi o anche giorni potrebbe diventare un modus operandi per tutto il paese. Sembra strano, lo sappiamo, ma proprio nella diocesi  novarese si è avuto un fenomeno  unico: tre parroci, partendo dal Motu Proprio di Benedetto XVI, hanno deciso di tornare alla celebrazione tradizionale preconciliare e non in una messa (1), appositamente richiesta, come prevede il Motu Proprio, ma in tutte le celebrazioni.
       A Preglia, Santa Maria Maggiore, Garbagna e Nibbiola la messa è solo secondo l’antico rito che la messa (2) “montiniana” aveva abolito. [...]

       Per chi pensasse che si tratta di una cosa normale, visto il Motu Proprio di Benedetto XVI, possiamo dire che così non è; la diocesi novarese ha un primato per quel che riguarda le diocesi italiane è l’unica in cui tre parroci (e tutti al di sotto dei 45 anni) hanno deciso di celebrare unicamente la messa secondo il rito tridentino.

       Ed ora quel che deciderà di fare la diocesi novarese è sotto i riflettori del mondo intero e in particolare sotto quelli di “oltreTevere” dove si fronteggiano due diverese tendenze quella “conciliare” e quella “tradizionalista”. (3)
       Abbiamo tentato in questi giorni di raggiungere sia i tre parroci che i responsabili della diocesi novarese, ma non siamo riusciti a parlare con nessuno se non con don Gianluigi Cerutti, segretario del Vescovo, che ci ha specificato quanto già sapevamo cioè che il problema non è il rito in latino (4), che in effetti non è mai stato abolito. “I documenti della Chiesa sono scritti in latino -specifica don Cerutti- e anche le grandi celebrazioni che coinvolgono persone che giungono da più paesi sono celebrate in latino”.

       Il problema è quindi il rito tridentino preconciliare.

       Cosa dice il Motu Proprio di Benedetto XVI?

       Il Papa, il 7 luglio di quest’anno, ha promulgato la lettera apostolica in forma di motu proprio “Summorum Pontificum” circa l'utilizzo della liturgia tridentina come forma straordinaria (5) del rito romano. Con questo documento ha dichiarato che il Messale Romano di Papa Giovanni XXIII, pubblicato nel 1962, “non fu mai giuridicamente abrogato e, di conseguenza, in linea di principio, restò sempre permesso”. Per l'uso di questo Messale nella prassi, il Papa ha emanato alcune norme. Il Messale del 1962, che fino al 1970 era la forma ordinaria della messa del rito romano è riconosciuto come legittima forma straordinaria dell'unico rito romano.
       Non sono state riconosciute come forme lecite quelle precedenti l’anno 1962, come il Messale Romano del papa Benedetto XV del 1920. Tutti i sacerdoti di rito latino hanno il diritto di scegliere (6)  il Messale di Giovanni XXIII per la celebrazione senza popolo (7) della Messa (art. 2 del Motu Proprio). Nel Motu Proprio viene raccomandato al parroco di permettere le celebrazioni pubbliche secondo il Messale del 1962 a favore di gruppi di fedeli aderenti alla precedente tradizione liturgica (art. 5 §1) e anche in circostanze particolari come matrimoni, esequie o celebrazioni occasionali, ad esempio pellegrinaggi (art.
5 §3). Non è obbligato a celebrare egli stesso nella forma anteriore, ma può dare il necessario permesso a un sacerdote idoneo e non giuridicamente impedito, che sia disposto a usare tale forma (art. 5 §4). Può anche, se lo consiglia il bene delle anime, concedere la licenza di usare il rituale più antico nell’amministrazione dei sacramenti del Battesimo, del Matrimonio, della Penitenza e dell’Unzione degli infermi. 

       Quindi il Motu Proprio non liberalizza la messa tridentina (8) e tanto meno la rende obbligatoria, piuttosto ci pare che affermi che laddove esista un gruppo di persone che ne faccia richiesta si possa celebrare la messa secondo l’antico rito.

       E allora perché questa scelta da parte dei tre parroci? (9)  [...]

       Quello che è certo è che i  tre parroci non si arrendono e proseguiranno il loro cammino per difendere la tradizione, ma è altrettanto certo il Vescovo non potrà rimanere in silenzio facendo sì che sia il tempo a decantare la situazione.

       Gli occhi di Roma, ma anche quelli del mondo [...] sono puntati su Novara e volenti o nolenti i responsabili della diocesi novarese dovranno pronunciarsi con voce ben chiara e non nelle segrete stanze.

Eugenio Di Maio

 

 

 

(1) Non se la prendano gli amici di Una Vox, ma avremmo gradito e preferito che la parola "messa" fosse stata scritta in maiuscolo.

 

 

 

(2) Anche se scritta in minuscolo, ce ne vuole di coraggio per chiamare "Messa" la "cena" montiniana!

 

 

 

 

 

(3) Ma veramente, "oltre Tevere" si fronteggiano due tendenze? Magarari fosse vero! Ma è solo una pia illusione credere che "oltre Tevere" sia presente anche la tendenza "tradizionalista"...

(4) Non è che si confonde il rito con la lingua?! Infatti è ben noto che il problema è di sostanza: con l'espressione "rito latino", come ognun sa, s'intende il rito Romano tridentino, e non si può affatto intendere la "cena" di Paolo VI.

 

 

 

(5) Perché "straordinaria"? Come si può chiamare straordinario un rito "mai giuridicamente abrogato" che costituiva l'ordinaria e unica forma di celebrazione secondo il Rito Romano? Come può essere diventato "straordinario" un rito più che "ordinario", anzi unico?!!!  E la Bolla "Quo primum" di San Pio V che fine ha fatto? Da quando un Papa (si chiami Paolo VI o Benedetto XVI) si può permettere il lusso (l'abuso) di mutare un rito definito dommaticamente nelle sue implicazioni e significazioni?

(6) Ma che diritto di scelta è mai quello che viene tanto proibito, ostacolato, minacciato, ricattato? E che dire poi dei tanti Vescovi veramente disubbidienti al Papa, del quale non rispettano le direttive, non liberalizzando la S. Messa tridentina, anzi ostacolandola e proibendola nelle parole e soprattutto nei fatti? Che esempio dànno tali Vescovi ai poveri fedeli?

(7) Ma se quella Messa non è stata mai abrogata, in nome di che la si limita alla celebrazione sine populo? Perché viene favorita la "cena" di Paolo VI? Due pesi e due misure?

(8) Si può essere più chiari? Ci riflettano quanti osannano Benedetto XVI, esternando la loro gratitudine per qualcosa che non è stata fatta!

(9) Non è chiaro il senso della domamda, anche perché non si accenna ad un'ipotesi di risposta... Ma viva Dio! ce ne fossero tanti di parroci come questi tre! Che Dio li protegga!

 

Sullo stesso argomento vedasi Il vescovo “sconfessa” i preti tridentini

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